il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

JOAN LUI
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361166 commenti | 68605 titoli | 27029 Location | 14241 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Fontana di Trevi (1960)
  • Luogo del film: L'hotel di Roma dove Claudio (Villa) e Roberto (Rojo) portano i clienti
  • Luogo reale: Viale America 351, Roma, Roma
VEDI
  • Film: Le comiche 2 (1991)
  • Luogo del film: L'ospedale dove Villaggio e Pozzetto conducono per errore l’avvocato (Della Casa)
  • Luogo reale: Centro Diagnostico Ostiense, Via Antonio Pigafetta 10, Roma, Roma
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  CINEPROSPETTIVE

ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Samuel Troiano

    Samuel Troiano

  • Grazia Ragusa

    Grazia Ragusa

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Luluke
Remake contestato (da Ferrara) e negato come tale (da Herzog). In effetti tante le connessioni con il precedente Cattivo tenente, a partire dal titolo. Ma pure le differenze. Nella trama, più poliziesca, decisamente articolata. Nel protagonista, che Cage rende molto più simile al poliziotto di Omicidio in diretta che al personaggio interpretato a suo tempo da Keitel. Nella location, con New Orleans a sostituire il freddo paesaggio urbano di New York. Cambia anche il finale, meno riuscito, così come in generale lo è il film, potabile solo per la fotografia e qualche guizzo di regia.
Commento di: Anthonyvm
Agente assicurativa viene accusata degli omicidi del partner e di una sua cara amica, che avevano una relazione; un celebre avvocato cercherà di discolparla. Mediocre ma non indigesto gialletto giudiziario made-for-TV, che riesce a tratteggiare un discreto rapporto - professionale e affettivo - fra la presunta innocente e il suo difensore, in una rete di escamotage mediatici più o meno subdoli e sotterfugi che intorbidiranno il corso stesso della giustizia. Il clima corrotto e manipolatorio vale più del mistero in sé, la cui soluzione, anticipabile, sarà pure svelata troppo presto.
Commento di: Erfonsing.
Squali. Nazisti. Aerei. Zombi. Ognuno con un proprio genere codificato. Poi arriva tale Fehse e mescola tutti questi elementi in un film che definire delirante è poco, nel quale nazisti zombi cavalcano squali mutanti per assaltare aerei di linea. La trama non c'è, uno sviluppo logico degli avvenimenti nemmeno e un'ottima colonna sonora è del tutto fuori posto (un blues a un incontro tra nazisti?). Film rallentato da intermezzi propagandistici, servizi televisivi, meeting tra generali e politici inutili. Insomma, tutto quello che ci si aspetta di vedere in un film da non vedere.
Commento di: Harden1980
Che succede se sei un colonnello degli Stati Uniti che si innamora di una profuga russa da rimpatriare al termine della Seconda Guerra Mondiale? Solido drammone che con la scusa di fare propaganda e sottolineare l'alleanza Stati Uniti/Vaticano mette in scena un bell'intreccio di amori e passioni, il vero motore del film, disattendendo piacevolmente le aspettative del pubblico. Cast di prim'ordine, budget opulento, belle riprese di una Roma appena liberata, ma resta un'operazione commerciale fuorviante. Fu un flop all'epoca ma merita un'occhiata, se non altro per la Lansbury.
Commento di: Gold cult
Non vanta buone critiche; del resto Ben Affleck non ha mai goduto dei favori di critica e pubblico (come attore, mentre da regista e sceneggiatore ha avuto soddisfazione). Considerato a torto troppo melenso, "Bounce" è un equilibrato mix di dramma, sentimentale e commedia che, dopo un incipit un po' confuso, guadagna alla distanza col passare dei minuti, offrendoci un film delicato e godibile, con belle riflessioni sul senso di colpa, di inadeguatezza e sull'elaborazione del lutto. Sentite le prove delle due star. Semplice ma notevole la sequenza allo stadio, con Dido in sottofondo.
Commento di: Lupus73
Il Milanese Imbruttito di Lanzoni diventa film. Sicuramente questo personaggio, con il suo milanese brutalmente cosmopolita, spavaldo e tamarro, non può non ricordare il cummenda dell'indimenticabile Dogui. Il soggetto intrigante è il punto di forza, contrapponendo la metropoli al piccolo villaggio nell'angolo di paradiso terrestre sardo e le gag si basano su questo; non sempre riescono, a volte l'Imbruttito diventa pesante sulla lunga durata, ma i pastori sardi riescono bene a stemperarne gli spigoli. Spesso surreale (soprattutto nel finale) e Bisio andava sfruttato di più.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

La prima mamma (Bastidas) è in pericolo fin dalla prima scena: col pancione, è in fuga da qualcuno che la bracca facilmente e la rimette in auto per riportarla in una struttura dove qualcuno la fa partorire e la paga per tenersi il suo bambino. Evidentemente così era stato pattuito, ma Brooke pare averci ripensato. E' scomparsa da qualche giorno e al liceo la sua amica del cuore, Nicolette (Cecchetto), è preoccupatissima. Anche perché pure lei è una futura mamma e probabilmente in pericolo, considerato il titolo e l'assenza di altre genitrici all'orizzonte....Leggi tutto Una che vorrebbe esserlo, a dire il vero, ci sarebbe anche, ma insieme al marito ci prova inutilmente da tempo: è Sandy (Bowman), una nuova insegnante che capisce immediatamente quanto Nicolette sia preoccupata e cerca di starle vicino; ma lei è chiusa in se stessa, non vuole conforto e a Sandy non dà proprio retta, almeno fino a quando un test per la gravidanza le conferma i sospetti: è incinta e perdipiù il padre (Meagher) l'ha già mollata per mettersi con un'altra. Poi certo, quando gli dici che avrà un figlio, non sa neanche lui come reagire...

Ma intanto, quel che è più grave, Brooke - che era riuscita a fuggire dal luogo in cui era segregata - viene investita e uccisa di notte da un losco figuro che lavorava per la misteriosa organizzazione che le ha sottratto il figlio. Quando Nicolette, che vive in una casa famiglia, lo viene a sapere, è sconvolta, e quel dramma si aggiunge al suo facendola sentire perduta. E' il momento di chiedere aiuto a Sandy, ben felice di poterle finalmente dare una mano. Chi si cela dietro il gruppo di persone che ha ucciso Brooke? Come agiscono? Domande che avranno una facile risposta, anche perché non siamo in presenza di un giallo. Non ci sono colpi di scena o un intreccio da svelare lentamente che nasconda elementi e indizi utili ad arrivare a una soluzione imprevista.

Il film punta a raccontare il dramma di Nicolette soprattutto, a cui Devin Cecchetto conferisce buona credibilità tratteggiando con piacevole spontaneità il personaggio: non sorride mai, ha le sopracciglia che tradiscono preoccupazione costante, si sente sola a combattere una lotta contro qualcuno che nemmeno conosce. Intorno a lei Fallon Bowman sa dimostrare la comprensione e la complicità che la sua Sandy deve avere, anche perché pure lei ha una storia simile alle spalle. E così, pur senza entusiasmare, il film procede facendoci partecipare alla (modesta) azione introducendo altri personaggi: il marito (Mark) di Sandy che se ne deve andare lontano per lavoro proprio in un momento così critico per lei, l'ambigua direttrice (Marchand) della casa famiglia e infine un'algida bionda (Taylor), che sembra poter essere il tramite per arrivare all'organizzazione responsabile dell'uccisione di Brooke. Se ci si accontenta di una recitazione sommariamente convincente, di una regia che fa il proprio lavoro diligentemente e se l'argomento può interessare, questo piccolo film tv può anche risultare passabile...

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Serie giapponese in 50 episodi autoconclusivi di una ventina di minuti ciascuno (regolarmente doppiati in italiano), concentra in sé tutta la follia delle produzioni d'Oriente per ragazzi alle quali si ispireranno anche i più noti Power Rangers (che da una produzione simile acquisteranno i diritti). Le trame sono elementari, ovviamente puerili, ma quello che fa la forza della serie sono gli effetti speciali: per quanto rozzi ed economici mettono in mostra tutta la fantasia dei giapponesi, autentici maestri dell'impensabile....Leggi tutto E stupisce come con pochi mezzi a disposizione si riescano ad assemblare scene tanto “spettacolari” e – a loro modo – ben girate, che danno forma a deliri a volte sensazionali (impossibile non citare il mostro anguria di FORESTA UMANA, per esempio, che spara semini letali o lo Squalo che uccide piangendo lacrime esplosive).

La prima puntata (GOGGLE FIVE) ci presenta uno scienziato in marcia verso le Alpi tedesche, dove in un cupo castello sta avvenendo qualcosa di misterioso. Un gruppo di grandi menti autodefinitosi “Scienziati contro le tenebre” devono incontrarsi lì per capire cosa stia accadendo. Scoprono che all'interno del maniero si annida un avamposto del temibile Impero Desdak, che materializza lì in un attimo decine di combattenti che strepitano e scalciano dappertutto. Chi è entrato al castello pare sappia già quanto c'è da sapere, non si capisce in base a cosa: “Vengono dalla quarta Dimensione, quella che conduce a Desdak, un impero governato da individui pericolosi e crudeli. Hanno già distrutto molte civiltà e ora vogliono prendersi anche la Terra”. In due minuti e quaranta ci è già stato detto tutto, e si continua con la presentazione di un gruppo di bambini e bambine che, seduti ai computer “Boys and girls” (!), selezionano cinque giovani elementi a cui spetterà il non facile compito di difendere la Terra.

I cinque giovani elementi prendono il nome di “Goggle Five” (che in italiano pronunciano però "Gogor" come in originale): sono dotati di uno speciale orologio da polso che, attivato, li trasforma in cinque supereroi in tutina. Ognuno di loro ha inserita nel casco una pietra proveniente da una civiltà terrestre scomparsa e sa già cosa fare. Nessuno ai cinque ha spiegato nulla, tantomeno il professore che sta a capo della congrega di infanti nerd, ma anche loro sanno già tutto: quali armi usare, che mosse fare (il tempo che trascorrono a muovere le mani in aria producendosi in inutili mosse da marzialisti è molto più di quanto non si pensi), chi è il nemico, come affrontarlo... E' infatti incredibile come il montaggio annienti sistematicamente ogni tempo morto facendo girare l'azione a mille.

Spiegazioni che si risolvono in massimo 15 secondi, accelerazioni e ralenti, corpo a corpo con alieni in bislacchi costumi nonché armi che definire ridicole è poco: i nostri lanciano nastrini, hula hoop, strane bacchette e – il Goggle giallo - un semplice pallone (col tempo evolverà in sfera ferrata) con cui colpisce “a morte” il nemico! Saltano, fanno capriole, rimbalzano e non solo, perché dal nulla la sala computer “Boys and girls” spedisce loro pure cinque velivoli, che i nostri guidano come al solito gridando parole a caso e muovendo le braccia in aria come in un saggio di danza! E, se non basta, i cinque velivoli si uniscono alla “Transformers” dando vita a un robottone che lancia pugni spaziali, trottole trancianti e diavolerie assortite, finendo il lavoro con una spada che s'illumina spedendo il suo raggio intorno alla Terra, quindi fino a rimbalzare in una galassia lontana lontana e fare ritorno per indirizzarsi, una volta direzionato con la spada, sul nemico.

Il capo dei Desdak (o meglio un suo diretto dipendente, perché il capo è una specie di occhione gigante che balzella urlando e agitando le manone) non può reagire che ripetendo ogni volta il suo ritualistico “Maledetti Goggle Five” e tornandosene ad ogni puntata con le pive nel sacco sotto un casco mutuato da quello di Lord Fener. GOGGLE FIVE sembra un cartone animato in live action, concepito per lo stesso tipo di pubblico ma che riesce a incanalare l'eredità dei vecchi kaiju eiga in mostri economici incredibilmente buffi e discretamente realizzati, senza perdere quel gusto tutto giapponese per la creazione di modellini di grande fascino.

Lascia un po' perplessi il fatto che, quando i Goggle chiamano a sé le navicelle, il processo che va dall'arrivo fino alla trasformazione delle stesse in robot sia sempre lo stesso (inquadrature comprese), riciclato identico in ogni puntata... Un po' troppo tirati per le lunghe gli immancabili scontri con i guerrieri ninja in mimetica che aprono ogni confronto coi Desdak capriolando dappertutto, spettacolare il salto di gruppo dall'alto dei Five, riproposto con minime varianti in ogni puntata.

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Acquisita ultimamente dagli americani di Liberty multimedia, la Formula 1 ha beneficiato nel nuovo continente di un rilancio d'immagine mai avuto in precedenza: fino a qualche tempo fa, infatti, era sempre stata considerata dagli statunitensi una specialità europea troppo diversa dalla loro concezione spettacolare delle corse. Introducendo un po' alla volta nuove regole per cercare di limare gli eccessivi dislivelli tra le vetture e studiando nuove vie per il marketing, i nuovi proprietari del brand sono riusciti a imporre definitivamente in tutto il mondo la F1 come la specialità...Leggi tutto regina delle corse, quella che esprime i migliori piloti guadagnandosi la ribalta che per molti meritava.

Il film di Joseph Kosinski innesta quindi una semplice storia di rivincita tipicamente americana all'interno di un mondo codificato da regole precise e dominato da piloti e manager ormai noti a chi si interessa di sport, che qui vediamo muoversi sullo sfondo di un mondo al quale, a dire il vero, un personaggio come il Sonny Haynes di Brad Pitt non si sposa troppo bene. Pilota ultracinquantenne (quando in realtà già superare i quaranta al volante è cosa da miracolati, da fenomeni vero come Alonso e pochissimi altri), un passato nella massima serie ai tempi di Senna e Schumacher, Hayes ritorna - a trent'anni dall'incidente che lo fece uscire bruscamente di scena - senza un briciolo di training, dimostrandosi subito in grado di competere con l'altro pilota della squadra disgraziatissima nella quale entra a far parte, la ApexGp gestita da Ruben Cervantes (Bardem). Il compagno di squadra, Joshua Pearce (Idris), è un rookie promettentissimo, ma non ha la personalità del vecchio Sonny, guascone dalla battuta pronta e con le idee ben chiare su cosa può e non può fare in gara. Il rapporto tra i due si rivela ad alta tensione fin da subito, ma già si capisce che alla fine dovranno fare comunella per il bene del team...

La sceneggiatura, che pure conta qualche bello scambio non privo di ironia che Pitt sa gestire al meglio, è però non solo troppo elementare e povera di spunti che sappiano evolvere dalle basi del più qualunquista dei film sportivi, ma anche poco credibile nella rappresentazione di un circo mediatico - quello della F1 - ritratto come semplice sfondo, privo di figure di spicco e con i protagonisti veri della specialità che sbucano qua e là come specchietto per le allodole, mute figurine che riempiono le scene di massa. L'ambiente autentico non si percepisce e anche i meccanismi con i quali la ApexGp scala posizioni in gara (a proposito, qualcuno ha detto agli autori che la F1 contempla anche le qualifiche?) è lontano dall'apparire credibile.

Certo, tutto si può sacrificare in nome dello spettacolo, ma anche sotto questo punto di vista non sempre le cose vanno per il meglio: le scene in pista, dall'interno dell'abitacolo o dall'alto, non hanno, per dire, lo stesso impatto straordinario che avevano in RUSH, film a questo nettamente superiore per coinvolgimento, studio dei veri meccanismi alla base delle gare, resa visiva... Colonna sonora di Hans Zimmer di grande efficacia invece, con l'apertura alla corsa di Daytona sulle note di "Whole Lotta Love" dei Led Zeppelin che mostrava sequenze di tutt'altra forza e prometteva davvero tanto. Invece spesso il film si sgonfia, le dinamiche tra i protagonisti sono povere, la figura dell'ingegnere e team manager interpretata dall'espressiva Kerry Condon viene dirottata in camera da letto a soddisfare il bel Brad, Bardem non ha proprio modo di brillare dando vita a un personaggio banale e scarico.

E' vero: la strategia delle gomme, dei pit stop, le safety car... tutto ciò che fa F1 è presente, ma sembra inserito a forza come semplice riassunto delle norme che regolano la massima serie automobilistica, utile quanto il fumo negli occhi. E poi come si può far credere che un pilota venga accusato dalla stampa per aver suggerito al proprio compagno di squadra una strategia corretta? Come si può credere che un pilota appena arrivato decida per tutti la pianificazione di ogni gara come se il suo box fosse popolato esclusivamente da incapaci? Troppe cose falsano la resa di corse che ricordano più quelle americane che non la F1; e quel che ne esce sembra rappresentare solo la visione semplicistica che può avere l'America della F1, ben incarnata da un Pitt che l'aria e l'atteggiamento da pilota autentico proprio non ce l'ha...

Poi d'accordo: l'adrenalina scorre, qualche scontro in pista e un sonoro roboante ti calano nell'abitacolo e il divertimento non manca, Pitt azzecca un personaggio indubbiamente simpatico e le scene extra GP non sono così invadenti, però i sorpassi sono deboli, le riprese in pista prive di vera tensione. Curioso, per gli appassionati italiani, ritrovare come commentatori delle gare Carlo Vanzini e Marc Gene, ovvero gli stessi che da anni sono le voci ufficiali della F1 su Sky. Peccato che, non potendo andare a braccio come in diretta, le loro telecronache suonino artefatte, poco autentiche (così come quando li vediamo inquadrati in postazione con le facce, ovviamente, di altri attori).

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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